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giovedì, 30 giugno 2011

PACCHETTO RISPETTATO…

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    Conclusa nei migliori dei modi l’avventura BlackStone 2011 ed ampiamente soddisfatti dei riusciti giorni di rock, sport e PIZZE, son servite diverse settimane per ricomporre lo schema del nostro ultimo Tour intitolato per l’occasione: “La solitudine dei numeri uno”.


    Ebbene si, dopo aver cercato di scacciarla con tre importati date, a cominciare da quella in cui abbiamo aperto le danze con i confinanti (solo territorialmente e non per lo stile) “The Bastard Sons of Dioniso”, la Signora si è accanita contro di noi come non mai, dando il meglio di se stessa e approfittando dei momenti di debolezza di alcuni componenti della nostra band.


    Ma non voglio star tanto qui a parlare delle singole serate andando ad analizzare singoli eventi che hanno fortemente segnato questo breve ma intenso periodo di duro lavoro per riuscire a portare a termine determinati obbiettivi… Non voglio stare qui a parlare di chitarre volanti o dei vari black dog che insistono nel cercare di trovare nuovi riscontri affinché l’economia globale o meglio della vallata porti nuovi fondi a tasche già gonfie di cimeli provenienti da Torino… E sicuramente non voglio inoltrarmi in discorsi legati alla fine degli anni 70’, dove le vere rock star non dovevano soffermarsi per ore a dare una mano a gonfiare il dirigibile dei Led Zeppelin, ma salivano direttamente sul jumbo dei Deep Purple, senza correre dei rischi inutili e senza compromettere futuri impegni portati avanti con duri sacrifici e divertimento annesso.


    Ma vorrei parlare del Giro d’Italia, della maglia rosa, di quei ciclisti che con il sudore che gli sgronda dagli occhi aggrediscono la montagna, la affrontano, la scalano e la conquistano nel tripudio di un pubblico osannato, mettendo da una parte pensieri, preoccupazioni e rabbia, perché è solamente con la conquista della vetta che si può guardare giù nella vallata e ripercorrere con il movimento degli occhi tornanti che hanno lasciato il segno e che soprattutto hanno fatto soffrire…


    Vorrei parlare dei Beyond the River di questo gruppo di ragazzi, amici, nemici e badanti di loro stessi, che solo con la passione, con la spensieratezza e con la consapevolezza che non bisogna essere maestri prima ancora di essere musicisti ma che bisogna suonare con il cuore se si vuole conquistare la stima di qualche personaggio che si definisce maestro in senso tale, sono riusciti a cavalcare l’amantide senza finire tra le sue dolorose fauci alla fine di un breve ma intenso rapporto…


    Vorrei parlare dell’Atletico, di questo brand che giorno dopo giorno sta conquistando i cuori di persone, gruppi, popolazioni e figure non appartenenti al contesto stesso che solamente pochi anni fa, sentendo parlare di questo borgo sconosciuto e semi abbandonato da una civiltà che anno dopo anno si è spostata a Sud, lungo il confine tra il Messico e gli Stati Uniti, si è affezionata, legata e circoscritta a questi indigeni, rivalutandoli ed apprezzandoli per la loro semplicità. Per il loro stile di vita…


    E vorrei parlare di tante altre cose ma penso che dopo questa breve riflessione, per l’occasione scritta in madrelingua per ordini e volontà delle alte cariche dirigenziali, ci possiamo soffermare tutti un momento e ripercorrendo con lo sguardo i tumultuosi tornanti lungo la vallata, possiamo essere soddisfatti di noi stessi, del nostro gruppo e di questa felicità che ci spinge ogni giorno alla conquista della nostra amata Londra…


Con spensieratezza


Matthew